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L’amore, questo bastardo
di Sam Stoner
I
Le donne stanno bene solo in cucina e dentro un letto.
Una massima che appresi da mio zio all’età di dodici anni. Me la disse di
nascosto il giorno del mio compleanno. Venne a trovarci di pomeriggio, prima
dell’inizio della festa che mia madre aveva organizzato. Lasciò mia zia a
spettegolare con le sue sorelle e mi prese da parte. Mi mise un braccio intorno
alle spalle e con fare solenne disse: «Ragazzo, è venuto il momento che tu
sappia la verità sulle donne. Ormai sei bello cresciuto.»
Mio zio era molto considerato in famiglia. Gli uomini lo
temevano e le donne lo trattavano come un Papa. Era un grande scopatore e un
uomo tutto di un pezzo, bello e con fascino. Quel giorno, dopo la
“rivelazione”, decisi di diventare come lui.
Passati i trentacinque, potevo dire con orgoglio di
essere riuscito a emularlo, anche se ancora non mi era capitato di andare in
vacanza con moglie e amante insieme, come lui era solito fare, una sistemata in
un hotel e l’altra in quello di fronte. È anche vero che non sono sposato, ma
non so se riuscirei a raggiungere tali livelli di scaltrezza. Grande uomo, mio
zio. Mi trasmise anche la passione per il golf. Per mia fortuna, non avendo
l‘ingombrante zavorra di una compagna svuotaportafogli a seguito potevo
permettermi di pagare la quota del golf club. Certo, non si trattava di un
circolo come quello di mio zio, talmente esclusivo che l’ingresso era permesso
ai soli soci, neanche i familiari più stretti potevano varcare la soglia.
Nemmeno le mogli. Così, in caso di visita di mia zia, mio zio aveva tutto il
tempo di finire la partita prima di raggiungerla nella hall del circolo. Ovviamente,
le partite di mio zio prevedevano sempre due palle, una mazza, le sue, e una
buca adornata da tette.
Io non dovevo coprire le mie avventure fingendo partite
fittizie, potevo averne alla luce del sole essendo felicemente single. Ecco
perché quel sabato pomeriggio di aprile mi trovavo sul campo da golf invece che
con la mia donna. Anche se a dire la verità una donna c’era. Solo che per lo
Stato e la Chiesa non era mia, era del
mio amico Marco. Se l’era sposata con una cerimonia a sorpresa. Nessuno di noi
l’aveva mai vista e il motivo fu subito chiaro a tutti, era una grande zoccola.
Laura, cinquantacinque chili di immorale, peccaminosa
lussuria, amava flirtare con qualsiasi
uomo avesse a tiro, qualcuno dice che ci avesse provato anche con il signor
Ettore, il padre dello sposo che si tirò indietro perché ormai non più attivo
sul versante sessuale.
Con Laura, scoprii le più impudenti varianti del
kamasutra. Sono convinto che se si fa qualcosa, bisogna farla bene, come
appunto tradire un amico. Del resto mio zio diceva sempre che le donne migliori
sono quelle degli altri. Anche se, per quanto riguardava Marco, non si poteva
parlare propriamente di tradimento; in realtà, quello che stavo facendo era svolgere
un servizio di grande professionalità a suo favore. Del resto, non ero stato io
a sposarmi una donna infoiata che non faceva altro che pensare con quale
maschio riempirsi i pertugi in calore. Avrei mai potuto permettere che se ne
andasse in giro cogliendo qua e là uomini di chissà quale risma e livello
culturale? Così mi ero generosamente proposto. Conoscevo i gusti sessuali di
Marco e spingevo Laura nell’esplorazione di quanto lui gradiva, che poi lei
puntualmente provava con lui. La verità è che gli stavo salvando il matrimonio
e migliorando la vita sessuale. Avrei anche potuto presentare a Marco le
fatture di cene e pranzi, costi di camere d’albergo e strumenti di piacere che
Laura continuava a chiedere. Che volete, ho un cuore grande, insomma, che cosa non si fa per un amico.
Quel sabato, come ogni donna sposata, lei era occupata
con Marco. Uno dei vantaggi nel frequentare una donna impegnata sono proprio i
fine settimana liberi. Liberi non sono dalle petulanti richieste di lei
riguardo allo shopping, che si becca il consorte, ma liberi anche da telefonate
e messaggini. Un vero Eden.
Ecco perché mi trovavo al circolo a godermi, senza
problemi di orario, quella mia passione golfistica, verde e silente.
Erano quasi le sette quando decisi di far ritorno a casa.
Non mi andava di cambiarmi, così andai direttamente al parcheggio. Tuttavia, a
metà tragitto, mi ricordai della mancanza in dispensa delle colonne portanti
della mia colazione: caffè e yogurt. Quindi il dilemma: aggirarmi tra gli
scaffali del supermercato con quei ridicoli pantaloni a scacchi e le scarpe
bicolore o far seguire al risveglio domenicale l’irritante assenza di una
decorosa colazione? Decisi di fermarmi.
Mentre ero davanti al reparto frigo per prendere la mia
scorta di fermenti lattici, notai una ragazza. La notai perché bionda, e il
cielo sa se ho un debole per le bionde. La notai perché aveva un incarnato che
ricordava Biancaneve, e perché sfoggiava occhi blu cobalto. Era bella, non
c'era alcun dubbio, ma in quella bellezza c'era qualcosa che non riuscivo a
spiegarmi. Anche se un paio di ormoni che mi circolavano in corpo, e qualche
fermento lattico nei vasetti, sembravano sapere alla perfezione la risposta.
Risposta che proveniva dai suoi jeans aderenti e dalla micro maglietta che
disegnava un seno rubato alle immagini del sito Tette & Godimento. La bibbia di ogni uomo.
La seguii con lo sguardo fino al reparto frutta, dove si
fermò. Vederla circondata da banane e cetrioli alimentò fantasie poco
edificanti. Del resto, come diceva il mio parroco durante la messa domenicale,
se non si abbraccia il peccato non ci si può nemmeno pentire ed elevare.
In quella farneticante confusione testosteronica, una
cosa la sapevo con certezza: non potevo andarmene, dovevo avvicinarla. Non
immaginavo ancora se questo avrebbe significato guardarla negli occhi o nella
scollatura, non sono così fiscale in fatto di occhiate, ma dovevo provarci.
Prima che io potessi tradurre i pensieri in azione, i
nostri occhi si incontrarono. Il suo sguardo mi penetrò fin dentro l’anima, la
sola penetrazione autorizzata sulla mia persona.
Restammo così, immobili, separati da un paio di banconi
di frutta, l’uno negli occhi dell’altra. Con mia grande sorpresa, fu lei a
prendere l’iniziativa sorridendomi. Io risposi con il più accattivante sorriso
che avessi in repertorio e feci il primo passo verso quell’angelo, ben deciso a
portare a casa qualcosa di più consistente di una confezione di caffè e due
vasetti di yogurt.
Purtroppo le cose non vanno mai come dovrebbero. Fu
questo che pensai quando mi sentii afferrare per il braccio. Mi voltai. Era
Marco, il mio caro amico.
«Andrea, che sorpresa trovarti qui.»
Eccome se era una sorpresa. Da quando erano iniziati gli
incontri clandestini con Laura non avevo avuto occasione di vederlo. Lo so cosa
state pensando: la mia coscienza mi impediva di incontrarlo. Temevo che il
rimorso mi avrebbe portato a troncare il rapporto con Laura, e questa era
l’ultima cosa che volevo. Insomma, Laura era un vero terremoto sessuale ed era
anche priva di tutte quelle detestabili e assurde pretese femminili dello
“stare insieme”, dell’essere “una coppia”, e via discorrendo. Pretese che
arrivano sempre dopo il secondo incontro di sesso. Incontro che la donna chiama
in un altro modo: fare l’amore. Vi prego, perdonatemi, lo so che certe parole
non dovrebbero mai essere scritte o pronunciate, ma è necessario per ricordare
la complessa psicologia femminile legata al mito del principe azzurro. Solo che
con Laura la calzamaglia era già stata indossata da Marco, e quindi io ero
libero e tranquillo. L'ultima persona al mondo che desideravo vedere era proprio lui.
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